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L’esigenza di vendere quadri, così come il piacere di acquistarli, da sempre è stato un fenomeno capace di influenzare gli sviluppi della Storia dell’arte. Proprio dalle richieste della committenza interessata a comprare quadri con determinate caratteristiche sono derivati, nei secoli, alcuni aspetti ricorrenti.
Ad esempio, sapevate che molte delle scene bibliche con Susanna e i vecchioni o addirittura con atroci martiri di sante sono, molto spesso, null’altro che pretesti per raffigurare bei nudi femminili sotto una nobile scusa? Oppure, che la richiesta di realizzare dei quadri d’autore di una misura capace di riempire la parete sopra un divano ha influenzato il formato, e quindi il respiro compositivo, di moltissimi fra gli impressionisti, condizionati dal loro mercante d’arte per eccellenza, Adolphe Goupil?
Il rapporto tra esigenze del mercato e libertà creativa degli artisti è sempre stato ambivalente. Costellato di molti preziosi stimoli offerti da collezionisti illuminati e sensibili, ma anche di altrettanti condizionamenti troppo stringenti, a rischio anche, sovente, di trasformarsi in lacci soffocanti. Labile è il confine tra commissionare e tarpare, e pochi sono stati gli artisti capaci di sottrarsi a dinamiche poco valorizzanti, così come i compratori capaci di trasformarsi in veri e propri mecenati, propulsori dell’avanzamento artistico.
Peggy Guggenheim, la grande collezionista statunitense che ha fatto della propria casa a Venezia un museo nel secolo scorso, è l’emblema di ciò che dovrebbe essere l’interlocutore ideale degli artisti: un compagno di vita degli autori in cui crede, capace di apprendere da loro, prima ancora di richiedere. Per creare un nuovo modello di fruizione artistica, più che una collezione come investimento. Pur nell’ampiezza di mezzi che la contraddistingueva, era sempre la passione a dettare le sue scelte, sostenute da un profondo intuito intellettuale ed artistico.
Ma questo piccolo miracolo può ripetersi ogni volta in cui un artista sente di aver incontrato un acquirente aperto all’ascolto e al dialogo, congeniale per affinità elettiva alla propria arte. In tal caso, si ottiene molto più che il guadagno derivante dal vendere i propri quadri: si scopre un compagno di sfide, un motivatore, un alleato nello scommettere sul proprio sentire. Da ambo le parti, nasce un rapporto che inizia solo col denaro, ma continua nei sogni e consente di lasciare un pezzettino di sé nel mondo, grazie all’arte.
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