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Non è affatto semplice dare una definizione precisa dell’arte astratta. Moltissimi artisti l’hanno definita come arte non figurativa, quindi concreta e non oggettiva. Proprio come ci lascia intendere il termine “astratto” si riferisce a qualcosa “tratto fuori” indicando una propensione a cogliere alcuni elementi, facendo una riduzione dell’immagine ai suoi tratti essenziali. L’aggettivo concreto invece è dovuto all’obiettivo di creare un mondo di forme pure ed assolute, liberando l’arte stessa dalla realtà oggettiva. Potrebbe sembrare contraddittorio ma l’astrattismo nella storia è stato un movimento molto concreto.
Probabilmente proprio perché i pittori emergenti dell’epoca non sentivano più alcun riferimento nella realtà che li circondava è nato l’astrattismo. Come concetto si tratta di un procedimento attraverso il quale l’intelletto dell’uomo descrive la realtà solo in alcune sue caratteristiche. Nei dipinti astratti, i segni sono intesi come simboli per rimandare a cose o idee: un modo astratto di rappresentare la vita che ha segnato una tappa importante nel processo evolutivo della filosofia pittorica moderna.
Non dimentichiamo che la prima esposizione avanguardista venne organizzata a Parigi nel 1941. Il periodo storico, segnato da ribellioni contro l’arte accademica, ha condotto alla produzione di quadri astratti moderni come quelli segnati dalla essenzialità geometrica di Cézanne o all’eliminazione prospettica del Cubismo. Una volta eliminato il soggetto da raffigurare nella sua immagine immediatamente riconoscibile, l’astrattismo ha creato un linguaggio artistico del tutto rivoluzionario. Nel Dopoguerra poi la pittura astratta diede vita a due strade completamente diverse: l’astrattismo lirico, in cui prevale la funzione espressiva e simbolica del colore, e l’astrattismo geometrico in cui prevale l’aspetto delle forme con l’uso dei colori primari.
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