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Il Ritratto. Per molti un semplice genere pittorico, per pochi una vera e propria vocazione e Michelino Iorizzo sembra far parte proprio di questi ultimi.
Classe 1971, l’artista romano dedica la sua arte alla realizzazione di volti femminili che dominano tele di ogni dimensione. I suoi ritratti nascono dalla fantasia e dall’immaginazione del pittore, fotogrammi dei sogni più profondi dell’artista, riportati in superficie con un velo di mistero, eppure così tangibili e realistici negli sguardi penetranti, nelle labbra socchiuse, nelle espressioni incerte, spesso sorprese. Volti nati dalla purezza di uno sforzo immaginifico, non ancora corrotti dall’incontro con il reale, che tuttavia tramandano la coscienza di una loro storia, su cui lo spettatore può solo fantasticare. Storie provenienti da una geografia che attraversa una miriade di lineamenti, dall’Oriente madreperlato delle sue Geishe ai tratti africani e caucasici.
Michelino Iorizzo si misura con la grande sfida del ritratto, un genere pittorico che trova la sua fortuna nella pittura fiamminga e nel rinascimento italiano quattrocenteschi. È nei visi affusolati e candidi di alcune opere come Parousia che ritroviamo l’arte dei grandi maestri fiamminghi, come van Eyck e Petrus Christus, e nelle donne dall’identità incerta scorgiamo l’ambiguità tipica della Bella maniera di Raffaello e di Leonardo. Tuttavia le tele di Iorizzo sono occupate nella quasi totalità dai singoli volti di donna che non lasciano spazio a gestualità, accessori e ampi paesaggi di fondo, tanto amati invece dai ritrattisti del passato, in quanto mezzi fondamentali per caratterizzare i loro personaggi, il ruolo, la mimica e l’estrazione sociale. Al contrario, sono i soli visi dell’artista romano e la loro intensità espressiva a campeggiare sulla superficie, senza il bisogno di attributi secondari.
Eppure i volti di Michelino Iorizzo non si stagliano su fondi neutri, ma su una vera e propria esplosione di colori e di materia, che gioca un ruolo da co-protagonista sulla tela del pittore, ottenuta attraverso una tecnica singolare: esegue i suoi ritratti su carta Kraft che incolla successivamente sulla tela, per poi procedere con la definizione pittorica di alcuni dettagli. Spesso una tela presenta più ritratti su carta sovrapposti, incollati l’uno sopra l’altro, indice dell’irrequietezza creativa di Iorizzo, di ripensamenti e modifiche, fino al raggiungimento del risultato desiderato.
Tuttavia gli strati sottostanti riacquisiscono la loro fondamentale importanza attraverso un processo di rivelazione che il pittore attua asportando parti della superficie attraverso la spatola: nel risultato ottenuto non possiamo non notare l’eco dei famosi décollages di Mimmo Rotella, manifesti staccati da muri, applicati su un ulteriore supporto, per essere poi ulteriormente degradati dall’artista, ottenendo così delle opere vissute, lacerate dallo scorrere dei giorni e dall’azione umana.
L’utilizzo libero del colore, dato attraverso sgocciolature che richiamano il dripping pollockiano, e l’uso violento della spatola plasmano la materia pittorica per creare sulla superficie delle vere e proprie concrezioni cromatiche, da cui affiorano gli enormi volti femminili di Iorizzo, come nell’opera Lo Sguardo, instaurando un dialogo tra il figurativismo dettagliato dei volti e l’astrazione cromatica che li avvolge. Visi circondati da una materia scomposta, come a simboleggiare il caos meraviglioso dell’immaginazione umana e della forza creatrice da cui provengono e di cui fanno parte attiva. La stessa spinta generatrice con cui Leonardo caratterizzava i suoi paesaggi primordiali ed eterni sugli sfondi della Gioconda e della Vergine delle Rocce, immagini di una natura naturans, in pieno atto di auto-creazione, forte di una capacità generatrice condivisa con la figura femminile.
I blu, verdi e rossi brillanti e accesi di ritratti come Shakina e L’apparente inganno fanno da cassa di risonanza all’intensità luminosa dei volti vivaci e acuti delle giovani, amplificandone le espressioni stupite e penetranti, ponendosi a contrasto con i ritratti monocromi in bianco e nero di Ilia e Mabel, dai toni soffusi, come a simboleggiare invece i volti di lontani ricordi del passato.
Colori, luce, figurativismo e materia, Iorizzo riesce nei suoi dipinti ad eseguire una crasi dei grandi elementi protagonisti della storia della pittura, traducendoli in un linguaggio contemporaneo, riuscendo a camminare in perfetto equilibrio tra linea e vortice cromatico, tra ritratto e astrattismo, tra passato e contemporaneità, facendo emergere sulla tela il caos e la meraviglia del suo genio creativo.
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