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Intorno agli anni Sessanta, a seguito dell’esperienza della Pop Art negli Stati Uniti, pian piano si diffuse l’Iperrealismo arrivando poi nel decennio successivo anche in Europa e in Italia. L’artista iperrealista mostra al pubblico la realtà in modo del tutto imparziale ed oggettivo cercando di cogliere tutti i dettagli più minuziosi per rendere il proprio dipinto il più vicino alla realtà possibile. Le riproduzioni artistiche non nascono quindi dall’osservazione diretta del pittore ma da una fotografia che offre neutralità all’autore, la realtà non influenza le opere della pittura iperrealista.
A differenza della Pop Art però, l’iperrealismo non si pone come strumento di critica verso la società di massa e verso il consumismo ma solamente come una minuziosa riproduzione del reale, come una lente d’ingrandimento sulla vita. La tecnica più utilizzata di questa particolare corrente della pittura contemporanea è quella del riporto fotografico: una fotografia ingrandita e di alta qualità viene elaborata e poi riprodotta su tela.
Per i pittori iperrealisti italiani tutto nasce da una fotografia e principalmente le tecniche di riproduzione (oltre la pittura ad olio e ad acrilico) sono due. La prima è la tecnica dell’acquaforte e prevede la stampa di un foglio di carta su una base di metallo cerata che poi verrà graffiata per eseguire il disegno. In un secondo momento la base viene immersa in un acido per far si che si corroda la parte graffiata e si possa colorare. La seconda tecnica invece è quella dell’acquatinta: il procedimento è simile a quello dell’acquaforte ma il risultato è molto simile all’acquerello. Non si usa la ceratura della base di metallo ma la granitura per trattenere l’inchiostro; quando poi si gratta via la granitura si ottengono bianchi e grigi perfetti per realizzare chiaroscuri molto morbidi.
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