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L’arte iperrealista ha diversi nomi: c’è chi la chiamaPhoto Realism (Fotorealismo); alcuni preferiscono Sharp-Focus Realism, dal nome della mostra del 1972 alla Sidney Janis Gallery di New York. Altri ancora optano per Superrealismo, per enfatizzare come gli artisti iperrealisti pretendano di superare gli esiti della fotografia, creando un’opera più vera del vero. Per capire lo stretto legame tra Iperrealismo e fotografia dobbiamo fare un passo indietro.
Questo movimento nasce tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta dalle ceneri del Precisionismo americano degli anni ’20. Il Precisionismo è stato ribattezzato “realismo cubista”, per l’attenzione, talvolta quasi una venerazione, verso l’era industriale, resa con nette forme geometriche. Ai profili nitidi delle città deserte dipinte da Charles Sheeler si accostano la solitudine e l’attesa dei personaggi di un altro artista precisionista, Edward Hopper.
Con la corrente degli anni ‘20 la pittura iperrealista condivide la perizia tecnica, ma le premesse socio-culturali differiscono: gli iperrealisti vogliono documentare ogni elemento della vita contemporanea. Tuttavia, l’Iperrealismo non produce opere mimetiche e descrittive. Ha un rapporto mediato con la realtà: non la osserva direttamente, ma attraverso la lente di scatti fotografici. Le sculture e i dipinti iperrealisti realizzati a mano parlano, infatti, un linguaggio fotografico, perché vengono creati proprio a partire dalle foto. Per la prima volta, forse, la fotografia non è più immagine subalterna, ma oggetto stesso della pittura.
Così le opere iperrealiste, spesso frutto del montaggio di più scatti o dell’ingrandimento di un particolare, si mettono in testa di andare oltre la realtà, costruendo solo un apparente realismo. Queste convinzioni sono principalmente made in Usa, in quanto l’arte iperrealista si affaccia solo timidamente in Europa. In Inghilterra c’è David Hockney, in Italia Piero Gilardi e Michelangelo Pistoletto e in Germania Gerard Richter.
In sintesi, l’essenza dell’Iperrealismo viene abilmente descritta da Richard Estes, celebre esponente americano del movimento: “Non credo che la fotografia sia l’ultima parola rispetto alla realtà”.
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